“A dieci anni dalla pubblicazione del primo Rapporto, crediamo ancora nei valori dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, e ci ostiniamo a raccontare i risultati insoddisfacenti dell’impegno, talvolta puramente di facciata, dei 193 Paesi membri dell’Onu”. È con questo incipit che prende il via il nuovo Rapporto dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) “Pace, giustizia e diritti: pilastri della sostenibilità. L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, presentato il 22 ottobre a Roma alla Camera dei Deputati. Il documento, realizzato con il contributo di centinaia di esperte ed esperti delle oltre 330 organizzazioni aderenti all’ASviS, offre un’analisi aggiornata e ragionata dell’attuazione dell’Agenda 2030 nel mondo, in Europa e in Italia, avanzando proposte concrete per il futuro.
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Quest’anno, più di ogni altro trascorso finora, il Rapporto fotografa un mondo attraversato da crisi multiple e da un preoccupante arretramento sul piano della pace, della giustizia e della tutela dei diritti. L’instabilità geopolitica e i conflitti armati – sono 59 quelli attivi nel mondo, il numero più alto dalla fine della seconda guerra mondiale – hanno causato quasi 50mila vittime civili nel 2024. In questo tragico conteggio, il numero di decessi di bambine, bambini e donne nel biennio 2023-2024 (soprattutto a Gaza) è aumentato di circa quattro volte rispetto al periodo precedente. La spesa militare globale ha raggiunto il livello record di 2.700 miliardi di dollari e potrebbe più che raddoppiare entro il 2035. Il numero di persone sfollate contro la propria volontà ha superato i 123 milioni, aumentando del doppio in dieci anni, per effetto di guerre e cambiamenti climatici. È per questo motivo che, si legge nel Rapporto, è stato deciso di richiamare nel titolo questi temi, per “ricordare che la pace, la democrazia e la tutela dei diritti sono pilastri dello sviluppo sostenibile”.
La sintesi del Rapporto
L'introduzione al Rapporto
Gli highlights del Rapporto
La presentazione di Enrico Giovannini
Ad aggravare la situazione la crisi delle Nazioni Unite, i cui fondi sono diminuiti del 30% in due anni, impattando sulla vita di oltre 30 milioni di persone. Il costo annuale del servizio sul debito per i Paesi in via di sviluppo è al massimo storico (1,4 miliardi di dollari). Nonostante questo quadro a tinte fosche, però, la diplomazia internazionale ha continuato a muoversi: il “Patto sul Futuro” del 2024 e “l’Impegno di Siviglia per la finanza allo sviluppo”, approvato nel 2025 da oltre 150 Paesi, rappresentano segnali di un impegno per la pace, la tutela dei diritti e la sostenibilità.
Ma a che punto siamo, esattamente, con il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile?
Le cattive notizie cominciano proprio dal nostro Paese. Gli indici relativi all’Italia mostrano nell’ultimo anno un peggioramento rispetto a quello precedente per sei Obiettivi su 17 (alimentazione; salute; acqua; disuguaglianze; ecosistemi terrestri; partnership) e un aumento solo per tre (istruzione, parità di genere, clima). Se si fa un raffronto con il 2010, la situazione è ancora più sconfortante: l’Italia va male su sei Obiettivi (povertà, acqua pulita e servizi igienico-sanitari, ecosistemi terrestri, disuguaglianze, pace, partnership), risultata stazionaria per quattro (alimentazione, salute, imprese e infrastrutture, città) e migliora limitatamente solo in sei casi (istruzione, parità di genere, energia, lavoro, clima ed ecosistemi marini). In forte miglioramento solo l’economia circolare, fiore all’occhiello italiano e in parte europeo. Dei 38 target analizzati per i vari Goal, solo undici (il 29% del totale) sono raggiungibili entro il 2030, mentre ventidue (58%, ovvero più della metà) non verranno raggiunti.
“I conflitti e le tensioni geopolitiche non aiutano - ha commentato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, - ma, come ha notato il Presidente Mattarella, oggi la sostenibilità viene percepita più come un fastidio che un investimento sul futuro’. Purtroppo è così, ma si tratta di un gravissimo errore. L’Italia continua a non dotarsi di politiche adeguate, mentre l’Europa sta facendo scelte errate e sta perdendo quel ruolo di guida nel campo della sostenibilità che aveva assunto negli ultimi anni”.
Anche l’Unione Europea mostra forti disomogeneità. Sono solo cinque gli Obiettivi che hanno registrato miglioramenti significativi dal 2010 a oggi (energia, lavoro, imprese e innovazione, città, clima). Regressi vengono registrati su disuguaglianze, ecosistemi terrestri e cooperazione internazionale. Dei 19 target specifici analizzati a livello europeo, 11 (il 58%) sono raggiungibili e sei (32%) non potranno essere conseguiti, una situazione opposta a quella italiana. Ci sono inoltre forti contraddizioni tra gli impegni assunti a livello multilaterale e le politiche concrete dell’Unione, in particolare per l’aumento delle spese militari e la revisione al ribasso di alcune norme ambientali e sociali.
Ma esistono anche le soluzioni. Quelle da mettere in campo e quelle che dovrebbero essere già state attuate a valle degli impegni sottoscritti dall’Italia, come il “Patto sul futuro” dell’Onu, che tra le varie linee guida chiede alle nazioni di strutturare una governance anticipante capace di prevedere i rischi e orientare le scelte pubbliche nel medio-lungo periodo, un tema su cui l’ASviS ha lanciato il progetto Ecosistema futuro.
Per imprimere un vero cambio di rotta, l’Alleanza propone di attivare cinque “leve trasformative” (governance, capitale umano, finanza, cultura e partnership) e intervenire su sei “aree strategiche”: salute, istruzione e competenze; un’economia sostenibile e inclusiva; sistemi alimentari resilienti e un’agricoltura sostenibile; decarbonizzazione e accesso universale all’energia; città sostenibili, rigenerazione urbana e adattamento climatico; tutela dei beni comuni ambientali, in attuazione degli articoli 9 e 41 della Costituzione riformati, su proposta dell’ASviS, nel 2022, con l’approvazione di una legge sul clima.
Tra le numerose proposte illustrate nel Rapporto, rientrano anche quelle volte a migliorare la partecipazione democratica e contrastare i fenomeni di erosione della fiducia delle cittadine e dei cittadini nelle istituzioni e nella democrazia rappresentativa. Per farlo, servono anche politiche strutturate e orientate al futuro.
“Come segnalato già l’anno scorso, la mancanza di una strategia post-Pnrr pone il nostro Paese in una condizione di estrema fragilità economica, sociale e ambientale”, ha commentato Giovannini. “Ecco perché l’ASviS propone interventi innovativi e robusti, nonché una profonda revisione del Piano strutturale di bilancio (Psb), per puntare a riforme e investimenti che portino il Paese su un sentiero di sviluppo sostenibile”.
Tra le altre proposte dell’Alleanza, c’è la definizione urgente di un Piano per l’accelerazione trasformativa (Pat), che già nel settembre del 2023 il Governo italiano si è impegnato in sede Onu a definire, per accelerare il raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda. Il Pat va sviluppato assicurando coerenza tra obiettivi, risorse e tempi di attuazione, ma integrando anche i due principali strumenti strategici nazionali già esistenti, cioè la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (SNSvS) e il già citato Piano strutturale di bilancio (Psb). L’ASviS propone nello specifico di completare la revisione della SNSvS entro l’inizio del 2026, definire il Pat entro la metà del prossimo anno e approvare un nuovo Psb nel 2027, coerentemente con quanto viene richiesto dal Patto di stabilità e crescita europeo.
La situazione è critica ma il cammino, almeno sul piano teorico, è molto chiaro. Ora sta al governo, sia nazionale che europeo, prendersi carico degli impegni e provare a cambiare la rotta dei prossimi anni. (Fonte: Asvis.it)
Fonte: Uisp Nazionale